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In occasione del Natale 2019, il Museo del Tessuto di Prato inaugura una mostra dedicata al pluripremiato costumista cinematografico Massimo Cantini Parrini. Unico costumista italiano ad aver vinto dalla prima nomination tre David di Donatello consecutivi (2016-2018), oltre ad altri numerosi premi e riconoscimenti, tra i quali spiccano Nastri d’Argento, Ciak d’oro e premiazioni in importanti festival cinematografici, l’ultimo e più importante riconoscimento di Cantini Parrini è l’EFA (European Film Award). In curriculum ha più di 50 produzioni da costumista, molte delle quali per registi di fama internazionale.

Bozzetto Geppetto
Bozzetto Colombina

La mostra presenta in anteprima assoluta il suo ultimo straordinario lavoro: oltre 30 costumi realizzati per il film “Pinocchio” di Matteo Garrone, uscito nelle sale il 19 dicembre e interpretato da un cast di  eccezione, con Roberto Benigni nei panni di Geppetto,  Gigi Proietti di Mangiafuoco, Rocco Papaleo e Massimo Ceccherini in quelli del Gatto e la Volpe. Dei costumi in mostra, 25 sono stati realizzati dalla Sartoria Tirelli, 5  dalla Sartoria Costumi d’Arte Peruzzi, 2 da Cospazio 26, mentre le parrucche da Rocchetti e Rocchetti. Il percorso della mostra è articolato in due sezioni: la prima dedicata al costumista, alle sue fonti d’ispirazione, al suo lavoro creativo e sul set, la seconda ai costumi del film, accompagnati da immagini tratte dal film stesso, dalla riproduzione di alcune scenografie e da alcuni simbolici oggetti di scena.

La prima sezione permette di entrare nel mondo di questo straordinario costumista.Un grande video a parete riporta stralci di interviste in cui Massimo racconta il suo vastissimo archivio, come da collezionista è diventato costumista, il dipanarsi del suo processo creativo. Le interviste sono intervallate da interessanti frame tratti dal back stage delle riprese del film Pinocchio.

Un’intera parete è inoltre dedicata ai bozzetti realizzati da Massimo per il film Pinocchio, composti con un interessante mix di tecniche manuali, documentazione fotografica e ritocco digitale. Accanto, una teca raccoglie una selezione di cartelle di lavoro contenenti le diverse campionature di tessuti selezionati per realizzare alcuni dei costumi del film, testimoniando l’accurato lavoro di ricerca che precede la realizzazione di ogni singolo capo o accessorio.

Una lunga pedana accoglie, infine, una selezione di 7 capi d’abbigliamento storici del XVIII e XIX secolo provenienti dalla collezione personale del costumista, utilizzati come fonti di ispirazione diretta per la progettazione dei diversi costumi del film Pinocchio e accompagnati da figurini di moda storici provenienti dalla ricca collezione del Museo. Così, sfilano uno accanto all’altro, un abito femminile da ballo in maschera del 1898 utilizzato come ispirazione per il circo; un abito da cerimonia del 1834-1836 che, per la foggia romantica, ha ispirato l’abito della Fatina, una veste da camera della fine dell’Ottocento che ha fornito uno spunto puntuale per la veste della Lumaca. Inoltre, un abito da cerimonia da bambino servito da modello per la casacca di Pinocchio, una preziosa marsina della fine del XVIII secolo che ha ispirato l’abbigliamento di Geppetto, una straordinaria giacca in panno casentino originale a cui si richiama, nel taglio sartoriale, la giacca del Grillo Parlante, ed infine un outfit maschile della seconda metà del XIX secolo di sapore dandy, che trova puntuali confronti nell’abbigliamento del Gatto e La Volpe.

scena Pinocchio e Geppetto

La seconda sezione espone i 32 costumi realizzati da Massimo Cantini Parrini per vestire i principali personaggi del film.

Il costume di Geppetto è composto da un frac in tela di lino, pantaloni corti sotto il ginocchio e un gilet a righe. Una foggia “fuori moda”, rispetto all’ambientazione di fine Ottocento del racconto, che è in perfetta coerenza con la tendenza propria del costume popolare toscano di richiamarsi a modelli di napoleonica memoria, mentre i magistrali trattamenti di usura comunicano con immediatezza che quegli abiti sono gli unici posseduti da anni dal falegname.

Da sempre il Grillo parlante è rappresentato nelle vesti di persona dotta, di professore, ed è così immaginato dal costumista anche nella versione di Garrone. La piccola giacca in camoscio color muffa riecheggia il taglio del primo frac, capo apparso alla fine del Settecento ma perfezionato agli inizi degli anni Venti dell’Ottocento. Il pantalone è corto, così da mettere in evidenza le gambe magrissime. Al collo indossa una cravatta con fiocco, accessorio che conferisce importanza e autorità. 

scena Fatina e Pinocchio

Una grande pedana ospita Mangiafuoco e 8 burattini del suo teatro. Il burattinaio è avvolto in un cupo cappotto di fustagno di cotone; indossa maglione di lana, pantalone di fustagno di cotone e cappello di feltro. Di fronte a sé, allineati come un immaginario teatrino, i personaggi della Commedia dell’Arte, straordinariamente interpretati da Massimo Cantini Parrini con attenzione alla tradizione e incredibile cura dei particolari. Spiccano i costumi di Colombina, vestita con un busto steccato a mo’ di corpetto in velluto e gonna di cotone stampato, decorato da nastri increspati con applicazioni di tulle e nappine, quello di Gianduia con giacca di pilor con manopole e alamari in passamaneria, pantalone al ginocchio in raso di seta, gilet di pilor bordato con passamaneria, feluca in paglia e passamaneria. Assolutamente straordinario anche il costume del Diavolo nella sua vivida rappresentazione del fuoco stesso, composto da giustacore di velluto con applicazioni di strisce sagomate a fiammella bordate di passamaneria e nappine, pantalone di panno con applicazioni di strisce sagomate a fiammella bordate di passamaneria.

Il Gatto e la Volpe potrebbero essere citati come emblemi del gusto contemporaneo per il Vintage. Il primo abbigliato con un tight di lana e gilet di velluto a motivi cachemire, il secondo con cappotto di lana sciallato in astrakan e gilet di seta a piccoli pois, indossano capi vecchi, memori di un fastoso passato. Sono abbigliati da gentiluomini mescolando epoche e stili come due vecchi dandy. Pinocchio, venuto al mondo da poco, non distingue le fogge create con abiti usati, vecchi, logori, sporchi e fuori taglia che anzi, ai suoi occhi, hanno un effetto elegante.

L’abito di Pinocchio è realizzato in tessuto jacquard con effetto increspato. Dalla vecchia e unica coperta che Geppetto possiede – anch’essa ricavata da una stoffa antica e pregiata ormai distrutta – il falegname cuce farsetto, pantaloni, cappello e gorgiera per il suo bambino, tutti dalla stessa stoffa.  Il famoso abito di carta e il famoso cappello di mollica di pane, vengono ripensati dal costumista come un total look. La scelta è stata motivata da esigenze di copione, dal momento che sarebbe stato impossibile gestire sul set continui cambi di abiti di carta o utilizzarli nelle scene girate sotto la pioggia, nel fango o al mare.  Il rosso, colore amato dal costumista, rappresenta la rabbia, l’amore, il sangue, il fuoco, la vita, il colore della vergogna: tutti elementi che fanno parte delle avventure della fiaba e dello stesso protagonista

Costume Lumaca
Costumi Fate turchine.

La foggia dell’abito della Fata Turchina è presente nella versione da bambina e da adulta. Entrambi sono realizzati in garza di cotone, stoffa che ha permesso di invecchiare l’abito mantenendo, tuttavia, la sua leggerezza. L’aspetto degli abiti richiama il periodo romantico dell’Ottocento, intorno al 1836. Il colore è diafano e si intona perfettamente alla famosa chioma di capelli, in questo caso resa argentea.

Il cane Medoro è presentato in una splendida settecentesca livrea composta da giacca, gilet, pantalone in seta moiré decorati con galloni in argento brunito. Il Giudice gorilla indossa una toga di tessuto moiré con applicazione di cordoni e nappe in oro brunito e gorgiera di tarlatana.

 Il costume della Lumaca riflette il suo carattere flemmatico: rappresentata così come Collodi l’aveva immaginata, la Lumaca indossa le vesti di una sorta di bambinaia o di una cameriera che da sempre si prende cura della Fatina. Indossa, infatti, una veste da camera con coprispalle e cuffia, il tipico abbigliamento da mattina adottato da tutte le signore dell’Ottocento. Le vesti sono bagnate dalla sua bava, consunte dal tempo, dalla polvere e dall’usura, tutto a causa della sua atavica lentezza e stanchezza. I colori sono diafani ma quello prevalente è il mauve, colore di moda sul finire del XIX secolo, scelto per il richiamo alla calma e alla serenità.

Meritano un’attenzione particolare anche le fogge dei personaggi del circo, i cui costumi racchiudono tutto lo spirito e la fantasia che il costumista ha voluto ricreare per questa scena. Il circo con i suoi personaggi, rappresenta la libertà, la stravaganza, il divertimento, la burla e il gioco della doppia personalità. L’ispirazione, in questo caso, non risiede tanto nel modello sartoriale, quanto piuttosto nell’essenza che il circo ottocentesco esprime.

Spiccano per incredibile bellezza congiunta a rara, quasi onirica fantasia compositiva, i personaggi femminili tra cui la ballerina in tutù con busto di velluto maltinto, la donna cavallo e la donna a tre teste, forse il costume più complesso di tutto il film.

Pinocchio nei costumi di Massimo Cantini Parrini dal film di Matteo Garrone

Museo del Tessuto via Puccetti, 3 Prato

21 dicembre 2019 – 22 marzo 2020

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