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Dolce&Gabbana ha immaginato un percorso destinato a continuare nel tempo con lo scopo di creare ponti culturali tra la Maison e la Gen D, Generazione Designer. Dieci designer selezionati da Federica Sala che riflettono questa doppia cultura.

È un esperimento sulla Gen D, Generazione Designer, nata dalla precisa volontà di Domenico Dolce e Stefano Gabbana, di traslare la stessa apertura verso il futuro nel campo dell’arredamento. E anche su di noi spettatori, perché il percorso creativo dei talentuosi designer si può ammirare nello splendido allestimento negli spazi di Via Brogi 23, a Milano.

Niente omaggi, retrospettive, quest’anno per il Salone del Mobile, ma una scommessa, un invito di Domenico Dolce e Stefano Gabbana, ai dieci ragazzi e ragazze di esplorare alcune delle principali lavorazioni artigianali italiane all’insegna dell’energia, di quella esplosione di colori e di quella ironica eleganza, che contraddistingue la Maison.

Carte Blanche per reinterpretare e creare quei ponti culturali tra la generosa creatività dell’azienda e il suo legame con l’Italia e il resto del mondo.

AHRYUN LEE

Ci vuole coraggio, per affidarsi, ma è come imparare a nuotare, all’inizio hai paura poi prendi consapevolezza dell’acqua. Il risultato? Un dialogo tra design, l’oggetto e l’artista. Una celebrazione del design come porta aperta verso il futuro.

Molti riferimenti vengono dal mondo dell’arte, quasi come se il designer rimanesse sullo sfondo, ma poi riemerge, con tutto il suo colore.

Tutto può partire da una ceramica, come nel caso della coreana Ahryun Lee basata a Berlino, che si è ispirata ai paesaggi siciliani dai colori vivaci e l’odore del mare trasportato dalla brezza, per creare oggetti simbolici e spirituali che possono trasmettere gioia.

CHRIS WOLSTON
SAYAR&GARIBEH

Oppure, da una passeggiata nella campagna colombiana, in cui Chris Wolston è inciampato in un boschetto di viti di Pitahaya, un rustico cactus nativo dell’America Centrale e Meridionale, che gli ha fatto riemergere alla mente il suo viaggio in Sicilia e il suo paesaggio siciliano, ma anche tante geografie interculturali, che esplora nel suo lavoro. Questa sorta di Revenge, lo ha portato a creare una installazione, che ha ripreso le linee espressive e gli effimeri fiori della pianta d’inciampo, che si schiude solo di notte.

Una libertà espressiva, che si può ritrovare anche nel duo libanese Sayar&Garibeh, attualmente residente in Francia, che sono partiti dalla manipolazione di elementi: dal vetro soffiato fino alla scultura, alla fusione del bronzo e la smaltatura del vetro. Il risultato un pezzo di gioielleria affascinante.

LUCIA MASSARI
RIO KOBAYASHI
ATELIER MALAK DI MALACOU LEFEBVRE

Un’altra esplorazione, è quella Lucia Massari, designer veneziana, ma a lungo londinese, che è partita dalla ricerca di tutti quegli animali, che abitano le vetrine dei negozi di souvenir veneziani, che li ha trasformati un pattern animaliero bestiario fantastico per oggetti decorativi per interni.

A differenza del ex ragazzo della finanza Malacou Lefebvre, che ha abbandonato i numeri della Borsa, per aprire a Lione la carpenteria creativa Atelier Malak. Il suo lavoro è composto da tre pezzi che sintetizzano la forza totemica di un albero, creando mobili ispirati alla sua forma e alla sua possibile scena evolutiva, grazie anche alle superfici riflettenti che esaltano questo aspetto.

Mescolando stili e atmosfere, con ironia vi sono anche giovani promettenti di nuove mondi che si affacciano nel panorama del design, come Bradley Bowers, attivo nella sua New Orleans, che ha creato la bellezza di un fiore in uno spettacolo di stupore di un oggetto, o Sara Ricciardi, creativa in bilico tra Sud e Nord, che ha reinterpretato l’elemento delle tende di perline in legno, che erano appese agli ingressi delle case su strada per custodire l’intimità domestica.

ANTONIO ARICO' LIMONAIA A MILANO
SARA RICCIARDI

E c’è anche il rapporto tra Est e Ovest, come nel caso di Rio Kobayashi, il cui lavoro riflette la sua doppia cultura austriaca e giapponese: una cassettiera armoniosa composta di diversi materiali, dal prezioso vetro placcato in oro alla temperata e affascinante struttura di legno e intarsio.

Una menzione va ad Antonio Aricò, designer calabrese, che ha forgiato con la Terra di Impruneta una limonaia tutta gialla, che risplende segreta sui tetti di Milano, e nasconde oggetti ancestrali, come una scopa ornata da gioielli, adagiata serena all’ombra dei limoni, forse lasciata dall’ultima strega di passaggio, sopra una scopa.

Un simbolo italiano quasi senza confini non è solo di forte impatto visivo, ma anche di grande risonanza emotiva, riflettendo le culture e tradizioni della nostra amata terra.

Ponti culturali, che strizzano l’occhio a come viviamo oggi e che portano nelle nostre case arredi, che sono gioielli con cui affrontare la vita quotidiana. E a noi non rimane di sognare il tremolare della marina e il soffio del vento, aspettando l’estate.

di Alberto Corrado