Il genio della scrittura di Wanda Marasco ci conduce nella quintessenza di Storia e Fragilità, dove luci e ombre ci parlano della nostra esistenza fatta di imperfezione.
“Voi non credete che quando ci spezziamo è per sempre?”
Cit. de “Di spalle a questo mondo” Wanda Marasco
L’ultima prova narrativa di Wanda Marasco, “Di spalle a questo muro”, edito da Neri Pozza, si muove nella zona di confine che separa i nuovi regni dell’autofiction, dall’antico impero del romanzo.
Per quanto l’io narrante di Ferdinando Palasciano presenti molti punti di contatto con il talento visionario e moderatamente barocco, lungo quella che sarà la vera poetica dove la domanda metafisica e il plagio negativo corrono in pagine di notevole spessore.
Un romanzo, e non solo un romanzo, perché sembra dire Wanda Marasco, infiniti sono i romanzi possibili a partire da un’unica realtà, se compito della forma narrativa dominante del nostro tempo, proprio grazie alle possibilità dell’invenzione, è la ricerca della verità.
Il vero di quanto accaduto potrà quindi scovarsi nell’apparente falso, nell’inventato, nel ritrovato.
L’intuizione letteraria può spingersi più a fondo della memoria nella storia e nella psicologia dei personaggi, e in questo consiste, per Wanda Marasco, la forza brutale del narrare.
Così l’opera diventa un dispositivo pensante: la scrittura fornisce congetture in cui l’immaginazione porta sulle spalle l’esperienza, consentendole di guardare più lontano, e forse di capire ciò che potrà essere magari compreso, ma, mai accettato.
La storia raccontata è dolorosa tra Ferdinando Palasciano, che fin da bambino ha odiato la morte al punto da fare della salvezza la sua ossessione di medico, che si scontra con le iniquità subite, fino a sfociare nella follia, e sua moglie Olga Pavlova Vavilova, che nella sua infanzia a Rostov, ha dovuto misurarsi con l’alienazione materna.
Nel salvarsi dal buio della sua ratio opacizzata, il protagonista maschile, Ferdinando continuerà a salvare asini e pupi, mentre Olga, pur guarita dalla scienza dalla sua zoppia, causata da una radice sotto la neve, che diventa suo destino e comunione dell’imperfetto, tornerà a claudicare.
E proprio nei corpi la battaglia prosegue fatto da luci e ombre, in cui la storia individuale è sapientemente innestata in quella collettiva, raggiungendo il culmine assoluto di un affondo nell’umanità, che già avevamo trovato nelle splendide pagine de “Il genio dell’abbandono” del 2015, che non smette di abbagliare e sorprendere.
Wanda Marasco in ogni sua frase, e in ogni sua parola si trasforma in sapienza e in una cura per le nostre ferite, che è quasi tutto per quella sorta di raggelata necessità.
Di Alberto Corrado

