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Rosa Rosae, la nuova collezione firmata Geminiano Cozzi 1765 è una rinascita di eleganza e d’arte

È un mattino di luce morbida sui canali quando, nelle sale ovattate di Geminiano Cozzi 1765, fa il suo ingresso Rosa Rosae, la nuova collezione che riconsegna alle mani del presente i fasti settecenteschi della Serenissima. Un battito d’ali – quello di una farfalla dipinta a mano – attraversa i profili candidi della bone porcelain e si posa su boccioli di rosa dai verdi vellutati: il viaggio comincia qui, al confine sottile tra storia e sogno.

La manifattura veneziana, nata nel 1765 sotto l’egida di Geminiano Cozzi, era già allora laboratorio d’avanguardia: la porcellana, definita “oro bianco” delle corti europee, veniva trasformata in poesia tattile, seducendo regine e diplomatici con il candore del biscotto e la grazia del decoro. Rosa Rosae raccoglie quell’eredità e la rilancia con un gesto di raffinata contemporaneità: la forma Burano, modernissima rivisitazione del festonato barocco, incornicia scenari botanici che sembrano respirare.

A ispirare la tavolozza è il genius loci del Veneto: i marmi levigati di Antonio Canova. Come lo scultore sapeva far vibrare il marmo di una morbidezza quasi epidermica, così i maestri decoratori di Cozzi modulano la superficie di piatti, tazze e centrotavola: petali in leggero rilievo, silhouette che si curvano con un’armonia plastica tipicamente canoviana. Nella presentazione ufficiale, al Museo Canova di Possagno, una video‑installazione mostra una farfalla dorata librarsi tra le gipsoteche; ad ogni tocco d’ala, un roseto virtuale sboccia sulle pareti, metafora di rinascita che abbraccia arte e natura.

Non è solo bellezza, ma narrazione identitaria. Il brand celebra il DNA della sua manifattura, quel dialogo continuo fra passato e futuro che contraddistingue il made in Venice. In Rosa Rosae ogni dettaglio, dal verde salvia che evoca i giardini d’inverno alle discre­te farfalline sui bordi, ricorda che la porcellana non è solo oggetto, è emozione in forma solida.

E l’emozione, qui, è palpabile: il bianco assoluto esalta le cromie, la traslucenza cattura la luce delle stanze, restituendola con riflessi madreperlacei. Posare la mano su un piatto è come sfiorare la quiete di un allestimento floreale sospeso nel tempo. A tavola, la collezione diventa scenografia di racconti: una mise en place capace di migrare dall’intimità domestica agli eventi di gala, senza perdere la sua nota poetica.

Così, tre secoli dopo la prima fornace, Geminiano Cozzi 1765 firma un inno alla vita che attraversa epoche e stili: un battito d’ali che trasforma la materia in racconto, la tavola in paesaggio, il passato in un presente perennemente in fiore. Perché, come ricorda uno dei motti incisi nei registri storici della manifattura, «la vera eleganza non teme il tempo, lo sorride».

Geminiano Cozzi è un sogno lungo 260 anni. È la Porcellana Veneziana dal 1765: nasceva infatti nel cuore della Venezia del Settecento, tra riflessi d’acqua e luce dorata, l’idea di dare forma alla luce stessa attraverso la porcellana. Era il 1765 quando Geminiano Cozzi fondò la sua manifattura, dando vita a un’eccellenza artistica che avrebbe attraversato i secoli. Oggi, nel 2025, si celebrano 260 anni di arte, maestria e identità veneziana. Un traguardo che racconta non solo la storia di una manifattura, ma quella di una città che da sempre fonde tradizione e innovazione, raffinatezza e passione. Da tazzine leggere come piume a preziose decorazioni dai colori vivaci e dalla raffinatezza barocca, ogni creazione che porta il nome di Geminiano Cozzi ha custodito l’anima di un’epoca e ne ha trasmesso il gusto al mondo.

di Elisabetta Canoro