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Perché si fanno i pesci d’aprile. L’autore Giuseppe Pitrè decide di andare a fondo, ricostruendo con cura fonti scritte, filastrocche dialettali e testimonianze storico-mitologiche non soltanto italiane, bensì internazionali.

“Al prem d’avrel as fa corer i mat”

Proverbio bolognese

L’origine del Pesce d’Aprile è oscura e ignota, ognuno ha sbrigliato la propria fantasia, contribuendo a formare una specie di saga delle origini. Questa usanza ha diffusione in gran parte d’Europa e in America, si veda anche del saggio di Giuseppe Pitrè, pubblicato dall’edizioni Graphe.it, che lo attesta come espressione italica per la prima volta nel 1875, mentre il Francia si può risalire al 1655.

Da questo si può delineare con sicurezza anche in cosa consiste la burla, ovvero la forma più usata: si tratta di mandare in giro dei poveri creduloni o distratti a cercare cose che non potranno mai trovare in quanto, non possono esistere.

Naturalmente intorno al tema vi possono essere mille varianti: dalle notizie false, convocazioni non vere, alle segnalazioni di vendite vantaggiose o pericoli inesistenti.

Non basta: il gioco, per essere credibile, deve essere ingegnoso e fatto alle persone giuste, ovvero colpirle nel loro debole, facendole credere facilmente una cosa che desidera, o una cosa che possa temere.

Un elemento che ha forse contribuito più degli altri alla diffusione dell’usanza è una consuetudine che rientrava nell’addestramento degli apprendisti, dei garzoni o meglio ragazzi di bottega: colorita folla un tempo numerosa e oggi del tutto scomparsa. 

In passato non c’era barbiere, sarto, calzolaio, fabbro, falegname che non avesse i suoi uomini di fatica che in cambio del lavoro e qualche spicciolo, imparavano il mestiere, per succedergli magari nell’azienda o eventualmente di mettersi in proprio.

Mancando la scuola, il reclutamento veniva fatto per conoscenza e presentazione. Nel caso positivo il giovane cominciava a lavorare nella bottega partendo dalle faccende più semplici e poi passava a fare lavori sempre più impegnativi, finché diventava artigiano capace di assolvere a quanto richiedeva il mestiere.

Così nelle botteghe, ad esempio quello del sarto, per saggiare l’ingegno del praticante, lo metteva in uno scantinato a girare con un palo semplice acqua in un mastello: dal tempo che impiegava il ragazzotto a capire che stava facendo un lavoro inutile, l’artigiano capiva chi aveva davanti e si regolava di conseguenza.

Inutile dire che il pesce d’aprile pareva fatto per un ulteriore operazione pedagogica, convinti di fare oltre a cosa divertente, anche attività meritoria, studiando scherzi con arguzia.

Non si limitavano a mandare in giro i poveri sprovveduti a cercare cose pesanti, ma procuravano che si trattasse di cose assurde, inutili e inservibili.

Quando uno aveva girato per una mattinata in un paese a cercare una piccozza a tre teste, una chiave per i pilastri, una squadra tonda, un litro di casermaggio, una dozzina di uova di gallo, tornando dal padrone con una pesante balla di mattoni, poteva ben dire d’essersi fatto un nome.

Per questo la data del primo di aprile era guardata con preoccupazione, al punto che il timore faceva si che, coloro che avevano già avuto la burla, a volte si rifiutavano quel giorno di fare anche le più normali faccende, per non cascarci una seconda volta.

Con il tempo e l’evoluzione culturale, gli amanti dello scherzo devono affilare le loro armi, così il pesce d’aprile diviene una ricorrenza attesa ma al tempo stesso sempre più sofisticata.

Lo intuisce bene Orson Welles che nel 1938 organizza uno degli scherzi meglio riusciti in ambito massmediologico, tanto da essere ricordato nei libri come esempio del potere che i mezzi di comunicazione di massa possono esercitare sulle folle. Nel corso del suo sceneggiato radiofonico “La guerra dei mondi”, liberamente ispirato al romanzo di fantascienza di Herbert George Wells, attore e regista americano si lancia in una finta radiocronaca dello sbarco dei marziani sulla Terra, che getta la popolazione nel panico. Risultato: stazioni di polizia e giornali vengono presi d’assalto, così come le chiese e i supermercati. Qualcuno addirittura comprò una maschera antigas e ci fu addirittura chi, intervistato da giornalisti, giurò di avere visto davvero gli alieni!

Possiamo parlare anche di uno scherzo nostrano che avvenne il 1° aprile 1961 a Milano, quando il quotidiano “La Notte” annuncia l’imminente approvazione di un regolamento comunale che obbliga i possessori di cavalli ad apporre loro una targa per meglio segnalarli durante la circolazione stradale. Come se non fossero abbastanza grandi.

Arriviamo così ai giorni nostri, o quasi nel 2019, in cui la Peugeot lancia la Rcz6, un’auto che cambia colore a seconda l’umore del conducente. Non c’è che dire: mai sentito un optional più originale.

Il viaggio alla scoperta dei pesci d’aprile più famosi potrebbe essere ancora molto lungo e indubbiamente divertente, ma ci fermiamo qui, anche perché chi vuole conoscere altri scherzi passati alla storia vi consiglio di leggere “Breve storia del pesce d’aprile” di Giuseppe Pitrè, con il saggio introduttivo di Carlo Lapucci e un’appendice di Roberta Barbi, pubblicato da Graphe.it.

di Alberto Corrado