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Il direttore creativo di Marni vola a Tokyo per presentare una collezione all’insegna del rigore e nel rifiuto del superfluo.

Certe volte è necessario voltare pagina, per iniziare un nuovo capitolo, per percorrere una strada differente, da quella che hai intrapreso sino a quel momento.

Francesco Risso, direttore creativo di Marni, ha cambiato direzione già dalla precedente collezione, togliendosi dal calendario della Fashion week di Milano per volare al Dumbo -Down under the Manhattan bridge overpass, vale a dire sotto il ponte di Manhattan.

Ora il secondo capitolo di questo nuovo pensiero, nel ricreare una relazione vera tra brand, stilista e pubblico che combina molteplici tecniche enfatizzando la singolarità di ogni singolo capo, è stata portato nel Sol Levante.

A Tokyo nell’arena al coperto dello Yoyogi National Gymnasium, costruito dall’architetto Kenzo Tange per le Olimpiadi estive del 1964, ha sfilato una collezione rigorosa ed intima allo stesso tempo, che guarda al futuro, mantenendo una sensazione di protezione avvolgente, grazie ai numerosi volumi, che collegano anima e tessuto.

Una risposta al sistema che è ritornato al punto di partenza, prima della pandemia, dove tutto era soggetto alla brutalità di un algoritmo o dalla futilità delle azioni, ma che si ritrova nel quotidiano del tempo che stiamo vivendo.

E sfilare a Tokyo per Francesco Risso è rendere ancora di più il profondo senso che lega la costruzione di questa collezione, con il rispetto della quiete che si è persa in Occidente, ma vige in Oriente.

Su ogni sedia del sitting rivestita di carta, il designer ha lasciato una lettera scritta a mano, dove spiega la sua relazione sentimentale con i vestiti e sul bisogno di realizzare “meno vestiti che non servono”.

Una composizione che bilancia ritmo e rigore nel dare significato agli oggetti che sfilano, e riconoscere il loro potere per una nuova disciplina che ci insegna a vestirsi di solo ciò che abbiamo bisogno, per non entrare in una consumata esibizione, ma renderci armoniosi e piacevoli, per una conquistata gratificazione di sé.

Come in uno spartito musicale, dove le note danzano piacevolmente sul pentagramma, cosi il direttore musicale Dev Hynes ha immaginato una colonna sonora eseguita dalla Tokyo Chamber Orchestra, dove i musicisti erano tutti vestiti con la stessa carta che ricopriva il set-up e il podio dell’arena, per rendere l’incedere degli indossatori che sfilavano la collezione, un balletto rigore e lineare.

Ogni look era una proposta all-over, sia per gli uomini che per le donne, dove le silhouette si alternavano tra snelle e aderenti e voluminose a volte bulbose.

Anche la tavolozza dei colori era ridotta al giallo e rosso, che giocavano contro bianco e nero per ridursi e scambiarsi con decorazioni leggermente folli composte da una grafica più cruda, quasi elementare, molto amata da Francesco Risso.

La sartoria era proposta in versione oversize e la maglieria, punta di forza di Marni, aveva superfici in mohair sfocato, come nei maxi piumini dal taglio rotondo, che sono tra i pezzi iconici di questa collezione.

Tra i 1800 ospiti intervenuti alla kermesse vi erano le superstar del K-pop Mingyu e Joshua dei Seventeen, l’attrice Tessa Thompson e i musicisti Ghali, Skepta, Iann Dior, King Princess e 24kGoldn, che hanno acclamato Francesco Risso dalla prima fila.

di Alberto Corrado