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Se ne va Jean-Luc Godard, all’età di 91 anni, il padre della Nouvelle vague.

Il cinema deve andare ovunque. Bisogna fare la lista dei luoghi dove non c’è ancora e farcelo arrivare. Se nelle fabbriche non c’è, deve andare nelle fabbriche. Se nelle università non c’è, bisogna portarcelo. Se nei bordelli non c’è, deve andare nei bordelli.

Jean Luc Godard “Conversazioni sul cinema”

1960 JEAN SEBEG E JEAN PAUL BELMONDO FINO ALL'ULTIMO RESPIRO

Il cinema avrebbe conservato la sua forza anarchica se non si fosse spezzato l’incantesimo del cinema muto. Prima ancora dell’arrivo del sonoro, nella sala buia gli occhi potevano viaggiare e scoprire i lati inaspettati e sconosciuti di ogni mondo esistente.

È conosciuto a tutti che il cinema sonoro esisteva già nei primi anni del Novecento, e che è un errore far risalire la sua invenzione al 1927. Come al solito gli interessi degli industriali, sollecitati dal gusto del pubblico, risultarono tra i fattori più importanti nella storia delle arti. La parola, la sceneggiatura, la finzione arrivarono ad arginare l’energia debordante del cinema delle origini, spettacolo popolare che doveva soddisfare i sentimenti e l’intelletto, e che si era nutrito in primis del varietà, del circo e del cabaret.

All’epoca delle Nouvelle Vagues, ribellarsi alla scrittura voleva dire restituire al cinema le sue potenzialità espressive. E tra tutti i registi venuti fuori da quella corrente sopracitata, Jean Luc Godard era senza dubbio il maggior sperimentatore, l’unico ad aver esplorato il cinema in ogni direzione. Era inevitabile dunque che prima o poi Godard facesse i conti con il linguaggio verbale, che assunse via via un ruolo fondamentale nel suo cinema, dalle didascalie brechtiane degli anni’60 al vertiginoso citazionismo delle ultime opere.

1965 ANNA KARINA E JEAN PAUL BELMONDO IL BANDITO DELLE 11

Nei suoi film capitava spesso di ascoltare parole che agivano diversamente dal solito, che non spiegavano ma cortocircuitavano, che non leggevano il mondo ma lo vedevano. Una battuta, una citazione, un gioco di parole erano queste le sue armi migliori, per minare il linguaggio stesso di cui faceva uso.

Dal periodo dei Cahiers agli anni con Anna Karenina, Godard non ha mai interrotto la sua riflessione sul cinema, che invece si è sempre più intensificata fino alle Historie(s) du cinéma, dove faceva i conti con la storia del cinema e con la storia del suo secolo, il Novecento. Ma nemmeno oggi Godard è riuscito a trovare quell’equilibrio, quel distacco che ogni vero storico dovrebbe possedere e che l’età preserva un po’ a tutti. Ed emerge in maniera continua la provocazione, come la sua dipartita da questo mondo, avendo ricercato il suicidio assistito in Svizzera e come la moglie Anne Marie Miéville ha confermato ieri mattina che “Jean Luc non era malato, era soltanto esausto. È stata una sua decisione, ed era importante per lui che si sapesse”.

Godard si era formato nella Parigi del dopoguerra, e in lui abbiamo siamo ritrovato il custode della memoria della celluloide, ma anche uno dei più lucidi demistificatori della televisione e di ogni altra discarica della cultura.

2001, Eloge De L'Amour
1962, ANNA KARINA QUESTA E' LA MIA VITA

Tale che gli porto alla fine degli Anni Sessanta nessun successo per le sue opere, tale che lo avrebbe allontanato dal grande pubblico, riconoscendosi in Truffaut che rispondeva ai valori dello spettatore medio e agli schemi di uno spettacolo borghese logoro.

Godard era una intellettuale a cui piace citare e citarsi, per lasciare al suo spettatore la libertà di vedere le cose e pernottare in ogni singolo significato della parola. Vedere i film di Godard vuol dire ripercorrere mezzo secolo di storia attraverso l’obiettivo del regista cinematografico più originale e controverso dei nostri tempi.

Un enfant terrible che si deve accettare serenamente come un maestro che col suo esempio incoraggiava a perseguire un’inesauribile promiscuità, mescolando di volta in volta teoria e parodia, paradosso e commento politico, calembour e aforisma, ricordo autobiografico e memoria storica. Un maestro che non si è mai stancato di insegnarci a disobbedire, a cercare nuove strade ma anche a ricordare il passato. Un maestro che dire il vero è stato più che un maestro. Come Picasso per la pittura, Godard è stato per il cinema, lo spartiacque tra il classico e il moderno.

Adieu Maestro.

di Alberto Corrado