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La collezione donna di Givenchy si sofferma sulla visione collettiva dell’eleganza, plasmata dalla genetica del suo passato e dall’attuale desiderio di semplicità.

Questa volta Matthew M. Williams, direttore artistico di Givenchy, ha desiderato capovolgere il concetto di tendone istituzionale da passarella, chiedendo aiuto a Gabriel Calatrava, figlio di Santiago Calatrava, ingegnere e architetto strutturista, fondatore di CAL – Collaborative Architecture Laboratory – con sede a New York.

Il suo impegno nel creare progetti è sempre stato una conversazione continua nell’estendere la natura multidisciplinare della pratica architettonica, che è il concetto base di quella studiata eleganza contemporanea perpetrata da Matthew M. Williams nel reiventare quella moda House, fatta di silhouette audaci e fiducia giovanile.

Sotto un tendone fluttuante, sospeso attorno a un leggero telaio in acciaio, come se fosse uno spazio simile ad una crisalide, sfila una collezione, che si sofferma sulla visione collettiva dell’eleganza, plasmata dalla genetica del suo passato e dall’attuale desiderio di semplicità.

Gli echi sofisticati del vecchio mondo del fondatore, ricorrono negli abiti rigorosi nella loro sartorialità architettonica a clessidra in lana maschile, aggiornati dal ritmo di curve a mezzaluna lungo le scollature e gli orli, mentre le giacche e gli abiti che mostrano la schiena scoperta e scolpita evocano il linguaggio dell’haute couture, come se fossero dei sipari sul corpo.

I dettagli storici della Maison vengono traslati anche nelle rivisitazioni contemporanee di cappotti da opera realizzati in delicato raso di duchesse che cedono il passo a tailleur abbinati in maniera innovativa a gonne a ruota lunghe sino alla caviglia.

I motivi floreali simbolo di eleganza per Monsieur Hubert de Givenchy, e passione e svago per Matthew M. Williams, si materializzano nei ricami, nei motivi dipinti a mano, nelle stampe e nei gioielli in metallo forgiato.

L’essenza primegenia dei materiali come lo chiffon, il taffetà, e la seta trattata secondo una tecnica di tintura risalente alla Dinastia Ming che si immerge nel fango del fiume, si converte in un gioco continuo tra un raffinato tailoring e nel mettere a nudo le trasparenze del corpo.

Lo stesso gioco lo ritroviamo filtrato nei tacchi a spillo a punta racchiusi da una sovrapposizione in rete, che si allunga creando una forma a stivale con cinturino alla caviglia, disponibile in pelle e cristallo con rete nera o colori accesi.

La seta Mud Silk, che valorizzava gli abiti della collezione, è stata recuperata anche intorno a una mule appuntita, per creare un ornamento simile a un fiore, mentre l’iconico stivale Shark Lock viene reinterpretato in una versione open toe con tacco a spillo e pelle elasticizzata.

In omaggio all’eleganza classica che esalta la fluidità  la Voyou è stata riproposta con tracolla a catena scorrevole di dimensioni diverse, mentre  lo stesso concetto è stato ripreso nella creazione della nuova borsa con lembo trapezoidale incorniciata da robuste fibbie in hardware,   e nella pochette più sottile in coccodrillo goffrato o nella duchesse arricciata a forma di coccarda, con una tracolla impreziosita da una sottile ‘bra chain’.

Gli elementi hardware sono stati ripresi da Matthew M. Williams analizzando gli ornamenti d’interni delle varie case di Monsieur Hubert de Givenchy, per supportare una nuova fibbia 4G che abbellisce abiti e occhiali da sole, e un motivo astratto a forma di uccello che caratterizza una pochette in morbida pelle d’agnello e una borsa a tracolla.

Una eleganza funzionale ed istintiva che si ritrova anche nei girocolli di cristallo, gli orecchini ad anello, gli ear cuff e gli anelli ornati da pendenti con perle singole abbinate alle classiche collane di perle, fino al girocollo di cristallo che si fonde con catene cubane e negli anelli decorati con rose di metallo.

Come scriveva Italo Calvinoper non avere macigni sul cuore”, dobbiamo riscoprire l’insostenibile leggerezza dell’essere, per una necessità di avere una nuova coscienza di sé e di un valore meramente estetico, ma in qualche misura, anche etico.

Di Alberto Corrado