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Esce il 24 gennaio un elegante cofanetto in tre volumi, edito da Delpire & Co, che raccoglie le immagini realizzate dalla fotografa presso la Fondation Le Corbusier. Ogni scatto è un linguaggio onirico, in equilibrio tra fiaba e fantasia.

“Cerco quello che nutre l’emozione dentro l’immagine e la ricerca è inesausta, tanto più feroce, disperante, senza fine.”

Sarah Moon

Sarah Moon è seduta a terra, ruota il busto, allunga le gambe, mentre scatta con la sua Olympus om2.

Ho sempre pensato che la fotografia sia un’occasione per mettere in scena, per raccontare una storia attraverso le immagini. Quello a cui miro è un’immagine con un minimo di informazioni, che non ha alcun riferimento a un determinato tempo o luogo – ma che comunque parli, che evochi qualcosa che è accaduto poco prima o che può accadere subito dopo”, osserva l’artista francese a proposito Dior by Sarah Moon, pubblicazione in tre volumi racchiusi in un elegante cofanetto, edito da Delpire & Co.

Ogni libro raccoglie le immagini realizzate dalla fotografa, la maggior parte delle quali, sono state progettate appositamente presso la Fondation Le Corbusier, portandoci nel sogno onirico dell’eleganza senza tempo degli abiti della Maison Dior.

Meno mediatico di un Werner Bischof o scandaloso di Antoine D’Agata, Sarah Moon è nota per la sua discrezione e per la sua ricerca del momento sfuggente, spesso malinconico, della realtà che sta svanendo. Ogni suo scatto crea un luogo, cancellandone un altro, un testo riscrivendone un altro, e attraverso la sua osservazione, si possono sentire gli odori, gli umori di un luogo fino a riconoscere qualcosa che le ha parlato inconsciamente.

Nata a Vernon (Francia) nel 1941, in mezzo secolo di carriera è diventata quella figura chiave della storia della moda, trasformando la materia esistente in qualcosa che ritorna in modo inesistente, rivoluzionando il linguaggio convenzionale della fotografia.

Trasporre il colore in senso astratto per avvicinarsi almeno, nella risonanza poetica che un atto esercita, creare un’immagine nell’effimero di un momento come se vedendo una cosa se ne può vedere un ‘altra o sovrapposta tra le linee, questa è la lettura del lavoro eseguito sull’archivio della Maison Dior, dove i capi e gli accessori più belli creati fin dagli esordi, sono raccontati attraverso gli scatti evanescenti e impalpabili.

Un mondo sfumato racchiuso tra poesia pittorica e gestuale, espressa nella forza delle silhouette immaginate da Messieur Dior e dai suoi successori, in particolare da Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa delle collezioni donna dal 2016.

In particolare, il primo volume presenta una selezione di 33 scatti in bianco e nero, scattate nell’estate del 2021, con un focus sui modelli iconici di Christian Dior dal 1947 al 1957, mentre il secondo volume comprende 43 scatti che documentano una selezione di capi disegnati dai vari direttori artistici che si sono succeduti dal 1958 al 2015 (Yves Saint Laurent, Marc Bohan, Gianfranco Ferré, John Galliano e Raf Simons).

Il terzo e ultimo volume racconta il viaggio artistico in 38 scatti della celebrazione della femminilità, secondo le creazioni di Maria Grazia Chiuri.

Ovunque vi è la bellezza che si mescola alla malinconia e la solitudine, caricando le immagini di emotività e di costante finzione dai limiti e dalle interpretazioni indefinite, in un inno che celebra le varie sfaccettature di Dior e delle sue creazioni.

Una visione sfocata del “Tessuto, unico impulso dei nostri sogni” scriveva Christian Dior. “E la moda, in breve, è il risultato di un sogno, e i sogni sono una forma di fuga”.

E Sarah Moon è riuscita a rendere la fugacità della bellezza, l’evanescenza delle cose, il carattere fragile e sottile delle nostre vite, in temi principali delle sue opere, consacrandola come una delle maggiori fotografe contemporanee. Pura poesia per gli occhi e per la mente.

di Alberto Corrado