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Più in alto vai nella stratosfera del lusso, più rendi le cose basilari.

Da questo incipit Daniel Roseberry, direttore creativo della Maison Schiaparelli, lancia la sfida al ready to wear, presentando una collezione per il prossimo inverno, dedicata al prêt-à-porter.

La collezione ha mantenuto molti riferimenti a quello che ha già fatto Roseberry in questi tre anni al timone della Maison, aggiungendo altri, riferendosi ai codici storici dei couturier parigini: i bottoni dorati a forma di buco della serratura, il ricamo del metro, il dettaglio del reggiseno a cono, i top bustier abbinate alle giacche di jeans ma anche disegni stravaganti dipinti a mano.

Vorrei portare il prêt-à-porter a un livello diverso da quello della Haute Couture. Vorrei riportare il mondo Schiaparelli al ready to wear» ha dichiarato Roseberry prima dello show.

Una intuizione giusta, quella da parte del designer americano, dato che Elsa Schiaparelli nasce come designer di pullover neri decorati con disegni bianchi trompe- l’oeil, fabbricati a mano da una donna armena, Aroosiag Mikaëlian detta “Mike”, che aveva un piccolo laboratorio artigianale con il fratello e altre lavoratrici a maglia.

Una idea che le fruttò parecchi soldi, grazie all’acquisizione da parte dei magazzini Strauss, negli Stati Uniti, che le decretarono l’espansione del suo atelier, per poi debuttare con la sua prima collezione Schiaparelli Pour Le Sport, dove comparvero i primi maglioni tatuaggio e pullover con riproduzioni delle ossa umane, e numerosi accessori.

Per questa ragione la collezione, presentata da Roseberry, è riazzerare l’orologio del tempo per definire un cambio di rotta dove la parola semplificazione crei un linguaggio estetico e un’immagine nuova della Maison, che si è vista fino ad oggi.

Questo ci porta anche a considerare che forse la quotidianità del vestirsi deve essere pratica, e deve essere compatibile a questa nostra nuova vita, datata Terzo Millennio.

di Alberto Corrado