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Un libro permette di riascoltare la voce dell’attrice romana, premio Oscar, morta cinquant’anni fa.

“Tanto tu sei forte” dicono.

Ma mica lo sanno che inferno hai dentro.

Non scegli di essere forte.

Lo diventi perché non hai altra scelta”.

Anna Magnani

Come disobbedire alle kermesse dei red carpet dei vari Festival del Cinema che stiamo leggendo nelle varie pagine dei quotidiani, o nei social media. Qui vi invito a non dimenticare Anna Magnani.

È uscito proprio nel mese di settembre questo nuovo volume “Anna Magnani | Racconti di attrice”, per edizioni Graphe.it, casa editrice di Perugia, voluto dallo stesso editore Roberto Russo nel dare risalto al lavoro di Chiara Ricci, autrice di vari saggi su figure chiave del cinema.

Confesso che lì per lì la scelta della parola disobbedire, mi ha fatto riflettere, in effetti. Potrebbe succedere, mi sono detto spaventato nella eventualità che un nome importante della cinematografia italiana passando il tempo, si possa dimenticare.

Pure ho pensato, di premi ne ha avuti tanti, la nostra somma attrice, incluso il Premio Oscar nel 1956 per il film “Rosa Tatuata” diretto da Daniel Mann, tratta dall’omonimo dramma di Tennessee Williams.

Ma è vero che bisogna conoscerla, e per conoscerla bisogna studiarla, e le scuole, quelle di cinematografia e moda sembrano per lo più in altre faccende affaccendate. E non sempre la grandezza trova la strada della diffusione di massa, dato che sui social media non si parla molto di questa grande attrice, in effetti.

Anna Magnani e Burt Lancaster, in "La Rosa Tatuata" regia di Daniel Mann (1955)

Epperò che Chiara Ricci riprende la sua opera poetica e la ripropone in un volume più agile, dove si guarda qui alla storia della diva attraverso una prospettiva inedita, che permette uno sguardo diretto e nuovo.
Leggere queste pagine, senz’altro, sanno far rinascere, uno spaccato di quel cinema poetico più importante dei nostri tempi, proprio perché è stato capace di ascoltare la lingua della strada e della quotidianità di persone normali.

Anthony Quinn, Anthony Franciosa, and Anna Magnani in Selvaggio è il vento (1957)

Un ascolto non facile da trasportare su pellicola, anche se in molte tonalità e fraseggi, le battute dette da Anna Magnani in ogni singolo film o produzione teatrale, da lei interpretata, non possiamo fare a meno di riconoscervi un’eco, della nostra lingua, di quella grande poesia attoriale che diventa magicamente un esperanto da tramandarsi; o perché questa attrice romana ha sempre trafficato in un medium espressivo, che è davvero universale, con echi e rimandi che la rendono traducibile in diva.

Tornando alla inquietante preoccupazione – dimenticare Anna Magnani – potremmo rassicurare molti lettori nella convinzione che se esiste una cultura, se la cultura è tradizione e la cultura del cinema è poesia, ingrediente necessario, non potremmo mai accettare, di perdere un alimento così vitale, così indispensabile alla nostra esistenza, come l’opera attoriale di Anna Magnani.

Cominciate da dove volete nel guardare i suoi film, questa attrice figlia di una sarta e di un padre mai conosciuto, non delude mai.

Marlon Brando and Anna Magnani in Pelle di serpente (1960)

Come ci ricorda Chiara Ricci, che si sofferma su quel legame fra Anna Magnani e il teatro, la migliore scuola, che le fece spuntare le ali, ancora più viscerale forse di quello del cinema. E lì che la magnifica attrice riceve il suo primo vero applauso, il primo “brava”, l’inizio di un nutrimento tanto atteso per uno spirito così difficile da accontentare. Questa sarà la chiave di lettura dalla quale guardare a tutta la sua carriera.

Anna Magnani in Mamma Roma (1962)

Ecco perché non dimenticheremo mai Anna Magnani, è una promessa, per quanto mi riguarda. Ma dovremmo impegnarci, quasi fosse un dovere civile, a riflettere tutti noi studiosi, giornalisti e lettori comuni intorno al miracolo della recitazione di questa donna; la quale come ci insegna, ci aiuta a godere la vita, e ci serve ad aprire la mente e il cuore.

Con Anna Magnani, il suo recitare è poesia che ci fa respirare, è canto e pensiero, è sogno e delirio. Ed è anche fede, fede in un esercizio di devozione nei confronti dell’autentica umanità.

Di Alberto Corrado