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L’ultimo libro di Marie Ottavi, pubblicato da L’Ippocampo Edizioni, racconta I segreti di un dio della moda attraverso una lunga inchiesta iniziata con due interviste esclusive concesse da Lagerfeld stesso e arricchita dalle testimonianze di coloro che gli erano vicini.

In un recente articolo pubblicato su questo magazine online, abbiamo riportato il progetto colossale del Costume Institute del Metropolitan Museum of Art, che ha scelto come tema della prossima mostra, che sarà inaugurata a New York dal 5 maggio al 16 maggio 2023, la figura di Karl Lagerfeld. Un evento curato da Andrew Bolton, capo del Costume Institute, che porterà alla luce quasi tra 5000 ai 10000 pezzi presi dai diversi archivi delle Maison, dai collezionisti privati e anche quelli già in possesso dal Met stesso.

Solo l’anno scorso l’Éditions Robert Laffont, casa editrice francese fondata nel 1941 da Robert Laffont, che pubblica essenzialmente biografie e testimonianze, ha pubblicato “Karl”, la nuova biografia di Karl Lagerfeld scritta da Marie Ottavi, e successivamente nel 2022 è stata pubblicata per l’edizione italiana per L’Ippocampo Milano, casa editrice indipendente, specializzata in libri di arte, design, fotografia, cucina e lifestyle.

La somiglianza e la vicinanza temporale dei due eventi sono certo casuali, così come le circostanze che possono essere evitate nel pensare a qualsiasi comunicazione marketing, basti pensare alla prima pagina del libro dove si cita la regola eraclea “Non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume”. Un aforisma che si collega perfettamente alle tante frasi d’effetto che Karl Lagerfeld ha espresso nella sua vita come quella che usava spesso ripetere “Se si dovesse aggiungere la tristezza di essere comune a quella di essere mortale”.

“Karl” è l’unico romanzo creato sulla base veritiera di questo maestro dell’autofiction, eretto per prima su uno scambio epistolare così sorprendente dell’autrice, che ci dedicò un capitolo intero, per poi trasformarsi in un appuntamento che ebbe luogo nel 2017, mentre stava finendo la biografia di Jacques de Bascher, dandy dal destino tragico, compagno di Karl e amante di Yves Saint Laurent, per un breve periodo.

L’incontro si tenne una sera di aprile negli uffici della società KL, in rue Saint- Guillaume, alla presenza di Caroline Lebar, fedele collaboratrice di Karl, dove le domande e le risposte, talvolta molto intime, si sono concatenate in uno splendido gioiello di un racconto, con note struggenti come nel ricordare in lacrime la morte di Jacques de Bascher, stroncato dall’AIDS il 3 settembre 1989.

Un tesoro immenso raccolto da Marie, che non poteva certamente racchiuderlo in una sola opera, perché tutto quel materiale inedito colmava le pochissime informazioni riguardanti Jacques de Bascher e completava le tonnellate di informazioni di Karl Lagerfeld, dato che parlava enormemente ad ogni media di ogni specie, senza mai svelarsi veramente.

E come tutti i maestri dell’autofiction, anche Karl Lagerfeld godeva di buona e anzi ottima memoria. Un affabulatore tecnico, che agiva con precisione, ricordandosi di non mettere in circolazione una seconda versione se quella prima, era già uscita. Un perfetto e meticoloso protagonista del suo tempo, che ha saputo costruire, grazie la sua immensa cultura, la propria figura (in)discussa, ma sempre autentica.

Il libro è rocambolesco e assai divertente, tenero e avventuroso capace di tenere il lettore con il fiato sospeso, di suscitare la risata e sul finale, di sospingere un moto di malinconica tristezza.

Un formato insolito che parte dall’infanzia di Karl Lagerfeld a Gut Bissenmoor nei pressi di Bad Bramstedt, stazione termale senza storia situata a una quarantina di chilometri a nord di Amburgo, sino ad al suo arrivo a Parigi nella conquista della sua carriera professionale e all’acquisto delle varie dimore parigine, in particolare l’Hotel Particulier Pozzo di Borgo, detto “51”, costruito all’inizio del XVIII secolo, a Saint Germain -des- Prés, tra preziosi parquet e stanze signorili.

Il suo motto.

“Non voglio essere il ricordo di me stesso. Non appartengo ad alcuna generazione, non faccio parte di alcun gruppo. Fluttuo e basta. Il che spiega perché posso sopravvivere a tutto ciò». 

E questa sua citazione era come se fosse un mantra per rafforzare il suo attaccamento al lavoro e nello spendere tutti i soldi guadagnati “I soldi hanno valore solo quando vi escono dalle tasche”.

La volontà di poter spendere fino a quasi alla rovina, guida Karl fin dagli esordi della sua carriera che cura perfettamente in prima persona fornendo talvolta agli stessi datori di lavoro i contratti con le cifre, che desiderava guadagnare. Nel 2012, la rivista Capital stimava che guadagnasse 10 milioni di euro l’anno da Chanel, nel 2004, percepiva già 2 milioni di euro per disegnare le collezioni di Fendi, e secondo alcune indiscrezioni i suoi conti aziendali, le royalties e le collaborazioni gli fruttavano 4,2 milioni di euro nel 2011.

Karl Lagerfeld era promotore del cash flow ed il suo motto era: “Niente denaro, niente idee e se avesse avuto un miliardo, lo avrebbe speso anche in un pomeriggio. Ma aveva anche la mano generosa: dalle molteplici donazioni a diverse istituzioni, come l’ospedale in cui Jacques De Bascher era stato curato, la fondazione di Éric Pfrunder (Sauvier la vie), ai vari debiti di conoscenti squattrinati.  Per questo amava affermare che non aveva “alcuna considerazione per il denaro” ecco il perché il modo eccessivo di spenderlo e regalarlo: non sapeva risparmiare perché trovava la cosa meschina e deprimente. “Gli stupidi temono sempre di essere amati per il loro denaro: io no. Butto i miei guadagni dalla finestra, il che mi aiuta a non imborghesirmi. Detesto quelli che lo accumulano o che lo rispettano.”

Settecento pagine scorrevoli, dense di una animazione di un film bianco e nero, dove il protagonista è lui stesso che scrive la sceneggiatura della sua vita dai défilé intimi negli atelier di una Parigi intrisa da New Look di Christian Dior, per il quale rimpiangerà sempre di non aver lavorato, alle sfilate ai tempi dei social network, fino a quelle in diretta streaming in ogni angolo del globo.

L’ottima traduzione di Fabrizio Ascari e le foto scelte da L’Ippocampo Edizioni rendono ancora più corposo il ritratto di un’icona della moda e il fautore di una industria fiorente, divorante, globalizzata in maniera velocissima, che si rincorreva ogni stagione con la magia dei suoi anni folli in cui tutto sembrava possibile. Adieu Karl, uomo che ha saputo condensare la razionalità alla fantasia riuscendo a non far apparire mai banale ogni sua creazione, sempre nell’ordine dell’amour sans fin per la ricerca del bello.

di Alberto Corrado