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Si chiama Angelo Mangiarotti. Quando le strutture prendono forma, la mostra da vedere fino al 23 aprile in Triennale Milano, realizzata in collaborazione con la Fondazione Angelo Mangiarotti. L’inedita retrospettiva è un racconto lungo oltre 60 anni prende declinato in un’ampia selezione di opere, progetti, documenti e materiali in gran parte mai esposte prima. È il ritratto di uno dei maggiori protagonisti dell’architettura e dell’urbanistica internazionale, uno dei pochi Maestri italiani in grado di esportare all’estero la propria filosofia di progetto.

La narrazione è frutto di un approccio corale che vede la partecipazione di Fulvio Irace nella curatela, Francesca AlbaniFranz Graf (sezione architettura), Luca Pietro Nicoletti (sezione scultura), Marco Sammicheli (sezione design) e il supporto di Giulio Barazzetta. Così l’allestimento, che porta la firma dello studio Ottavio Di Blasi & Partners con la partecipazione di Renzo Piano, e il contribuito di UniFor per la realizzazione.

Angelo Mangiarotti si aggiunge al percorso dedicato da Triennale Milano ai grandi maestri italiani del progetto, da Enzo Mari a Ettore Sottsass, da Achille Castiglioni a Pietro Lingeri: “personalità poliedrica e internazionale che negli anni è stata testimone di eccellenti sperimentazioni nei campi dell’architettura, del design, della scultura, del progetto di infrastrutture”, sostiene Stefano Boeri, presidente di Triennale Milano, “La retrospettiva che presentiamo intende dunque restituire la giusta importanza storica a una figura centrale nella cultura del progetto del ‘900”.

E così, una serie di piattaforme ospitano un insieme di modelli di studio, prototipi, realizzazioni e frammenti di lavoro, organizzati per nuclei tematici, spaziando dal nodo al giunto, dalla scultura, all’assemblaggio, dall’astrazione alla sensualità, mettendo in mostra oltre mezzo secolo di attività e trasmettendo direttamente la carica sperimentale tipica del suo atelier-laboratorio.
Se nei grandi tavoli si dispongono materiali originali d’ archivio, come documenti, disegni, foto e maquettes, tutt’attorno si distende un paesaggio da cui emergono presenze scultoree a testimoniare la profonda vena artistica che caratterizza tutta la sua vita.

a cura di Elisabetta Canoro