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Il mare ha sempre un significato intrinseco e molto potente in quanto simboleggia la vita. “Atlantico” definisce lo spirito di Emporio Armani, che non è un ricordo sbiadito, ma una coerente ed elegante collezione, per un uomo dandy che vive di notte.

Quello che si è visto ieri sera al Teatro Armani è stato un frame by frame di quel meraviglioso archivio vintage Armani che si andava formando come in una pellicola su un cinescopio incorniciata dallo sfondo di un faro nero, mentre il fascino suggestivo della voce roca e grintosa di Loredana Bertè, che non può lasciare indifferenti, si diffondeva con la canzone “Il mare d’inverno” di Enrico Ruggeri del 1983, sia all’inizio che alla fine dello show.

Una canzone che tutti pensano sia stata scritta nella località di Marotta, un luogo caro a Enrico Ruggeri per aver trascorso con la madre e le zie le sue estati giovanili,  ma bensì a Milano, quando dopo tanti anni viene ricontattato da una ragazza che frequentava ai tempi del liceo classico Giovanni Berchet, ma per paura di essere scoperta dal fidanzato non si presenta all’appuntamento, e così  che Enrico, torna a casa e si siede al pianoforte, e in un paio d’ore  fa nascere “Il mare d’inverno”.

Una power ballad, che ha colpito le corde emotive di Re Giorgio nel far riemergere e tuffarsi “perplesso ai momenti vissuti di già”, e di quel ricordare lo scenario aperto del mare, che è uno dei temi che definisce nel suo profondo lo spirito di Emporio Armani, insieme all’assoluta apertura di vedute. Un elemento che lo porterà alto come un’aquila nel raggiungere quella popolarità a livello mondiale, tale da avere la cover del 5 aprile 1982 della rivista “Time”, che lo decreta come colui che è riuscito in breve tempo a congiungere i continenti solcando le rotte dell’abbigliamento maschile e femminile.

Ora, dopo generazioni e generazioni, l’avventura continua attraverso una collezione AI 2024-2025 dallo spirito deciso, definito dalla silhouette nette, con le spalle larghe e ben disegnate “ancorate” al suolo da stringate con suole alte, che unite alle ghette diventano morbidi stivali.

La sezione di apertura si appoggiava abbondantemente al tema nautico con il suo fascino duraturo e con i suoi caratteri portuali, che lo popolano: dal marinaio ai mozzi, dai macchinisti agli ufficiali vestiti da lunghi cappotti, da giacche abbreviate, da pantaloni con volumi generosi, da pastrani per una traversata, dalle casacche da uniforme marinaresca, anche di pelle, e dei cappelli a bustina appuntati sopra la testa.

Successivamente è arrivata una sezione dedicata all’abbigliamento da sci, un intermezzo regolare nella stagionalità del marchio, prima di passare ai ricami metallici su giacche, camicie e cappotti che sembrano incrostazioni simili a quelle che il mare aperto lascia sulle chiglie delle navi fino alla serie dei blu navy con i capispalla double face e pantaloni con inserimenti di cristalli, che brillavano come la luce della luna sul mare di notte.

Una collezione completata da una selezione di capi per lei, riadattati e riproporzionati con la massima naturalezza, ma anche con un radicalismo tipicamente armaniano, dove le borse come le valigie a mano accompagnano la traversata in mare aperto, che per le donne non esclude i tacchi a spillo da indossare per una serata.

Una collezione che raccoglie tutte le suggestioni e la complessità di un guardaroba contemporaneo, sempre alla ricerca di espressioni più complete e di quella uniforme semplice, che finalmente viene riconosciuta ad ampio spettro nella cultura maschile, ormai stanca di questa continua metamorfosi fluida.

 

Di Alberto Corrado